BRANZINATURA 2/2024: “Capodanno… bartókiano!”
Dopo il tributo a Berg, ecco un percorso dedicato all’altrettanto a me caro Béla B.
Ho pensato a questo nome/hashtag #branzinature (scusandomi ove fosse già stato sfruttato) per aggregare spunti culturali acerbi o “nati troppo stanchi” per diventare veri e propri blog post. Le branzinature vanno in onda sul mio Substack “ortonimo” in modo totalmente irregolare. Praticamente, solo quando mi viene qualche idea. Si direbbero “spigolature” – però dalle mie parti, se chiedi «una spigola», quasi nessuno ti capisce… (questo vorrebbe essere un calembour).
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Buona lettura!
“CAPODANNO… BARTÓKIANO!”
Oggi, 25 marzo, è l’anniversario della nascita di Béla Bartók. Assieme a quello di altri protagonisti della musica: Arturo Toscanini, Magda Olivero… In più, la mia bolla social sarà egemonizzata dal cd. Dantedì e, soprattutto quella regionale, dal Capodanno della incarnazione (“capodanno” fiorentino e pisano). Con buona pace del padre Dante, che ti sarà ampiamente ammannito e su cui “abbiamo già dato!” in saggistica cura (scheda SBN), e con buona pace del resto della compagnia (tranne un refolo di Toscanini in calce), quest’anno ho un particolare bisogno di concentrarmi su Bartók, la cui musica mi papperò per tutto il giorno, se posso. Qui sotto, perciò, ti abbozzo un mio percorso di ascolti, misti a (pochissimi, giuro!) versi e aneddoti.
L’INNESCO. Mi ha rattristato, come ha fatto con tutto il mondo di amanti della classica, la notizia della recentissima scomparsa del M. Maurizio Pollini. Proprio a lui e Claudio Abbado devo il battesimo bartókiano. Era un Natale a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90; nella casa al mare e nella mia anima faceva molto freddo. Mio padre voleva farmi un regalo e così stilai una longlist di cd di classica in ordine alfabetico. Lungi dal soppesarla troppo, lui ne trasse i primi nomi: ecco quindi in dono questi due Concerti per pianoforte n. 1 e 2 il cui ritmo e linguaggio mi suonarono allora assolutamente nuovi e ho impiegato un po’ a “capire” (ché poi, in fondo, cosa vuol dire “capire”? Amare, oppure no; certe musiche sono paragonabili ad appuntamenti al buio: ci si rifrequenta o ci si saluta). Li ho progressivamente amati e, benché il secondo concerto sia riconosciuto come più felice per la scrittura e i virtuosismi a volte vertiginosi, ascolto molto anche il primo perché, oltre a essere stato la mia chiave di ingresso al mondo di BB, mi piace la sua barbara fierezza. Entrambi i concerti sono considerati di notevole asperità tecnica, e sia Pollini che Abbado si districano mirabilmente, come sempre.
Questa la copertina originale del cd, che conservo da qualche parte nel marasma ormai ingovernabile della mia stanza:
Nel frattempo, le riedizioni di questa incisione si sono susseguite; qui la ritroviamo con la sua copertina attuale in una playlist di spotify, con in più l’extra dell’opus Sz. 37:
(TR)ASPIRAZIONI POETICHE. La passione per la musica di Bartók è ovviamente proseguita, negli ascolti e persino nelle scritture. Dai due concerti per pianoforte e orchestra mi son spinto al Concerto n. 3, che però ha sonorità differenti, ben più liriche. Due sono le circostanze aneddotiche che più spesso vengono evocate al riguardo: 1) è un concerto concepito come meno arduo degli altri due perché fu scritto con in mente (e a uso de) la moglie, Ditta Pásztory, il cui virtuosismo (no gender gap intended) non si spingeva oggettivamente ai livelli di quello del compositore; 2) Bartók si trovava in USA e soffriva della leucemia che gli sarebbe stata fatale a breve; così soggiornava, per provare a curarsi con le poche armi di allora, in una clinica del North Carolina, dalle cui finestre si udiva un canto di uccelli che Bartók arrangiò e inserì (a questo link, registrazione gratis, un saggio dettagliato) nel movimento centrale, l’Adagio religioso:
Questa aneddotica, unita alla musica, mi colpì nel suo portato amoroso di cura per la consorte (per giunta: cura in extremis, da parte di un malato terminale). All’epoca, 2004/2005, stavo scrivendo le poesie che sarebbero divenute il mio primo libello (scheda SBN) e il pensiero mi fece scaturire una poesia poi confluita nella prima sezione. Fotografo solo l’incipit perché, forse sbagliando, sono ora assai lontano dalle mie “giovanili” (LOL) svenevolezze (molti poeti sono come gatti che vorrebbero seppellire il proprio esordio nella lettiera…):
Per bilanciare subito il romanticismo, la situazione tragicomica: in una presentazione del libro, qualche astante (compreso forse un conferenziere) ravvisò nel titolo non il nome e cognome della moglie di Bartók (“Ditta” sta ovviamente per Giuditta), bensì una qualche fantomatica azienda, magari di prodotti ovini (Pasztory, e mi son pure dimenticato l’accento acuto sulla á, che magari avrebbe aiutato)… Beh, disincanto istantaneo del sottoscritto, qualche risata e… Finisce i’ curutrale, principia i’ rihreativo, si sarebbe potuto dire rovesciando una nota battuta filmica. In fondo la poesia è anche installazione, si bea e si compone del grottesco che spesso l’accompagna, dài.
Aggiungo solo che la lirica – nella sua ingenua immaturità, che ravviso pienamente venti anni dopo averla scritta – non aveva pessime intenzioni, né era priva di voglia di provocare; soprattutto citava, poco sotto l’incipit in foto, anche un’altra splendida pagina bartókiana, il Divertimento per archi, che ti consiglio assai:
WE-WANT-MORE! Negli anni immediatamente successivi, per un quadriennio almeno, sono divenuto assiduo del Maggio Musicale Fiorentino e così ho potuto aumentare la mia conoscenza del compositore attraverso autorevolissimi direttori, orchestre, solisti. Qui altri amarcord che possono per te diventare inviti all’approfondimento, se vuoi.
In primo luogo, la fortuna di assistere a una prova chiusa dell’orchestra del Maggio con Mehta, intenti nel Concerto per orchestra. Ricordo il “non risparmiatevi!” del Maestro all’entrata dei primi violini. Il concerto è un cavallo di battaglia di Mehta, che lo esegue stupendamente, e lo troviamo in rete, ma coi Berliner:
Di seguito, ricordo sempre Mehta e il Maggio nel Concerto n. 2 per violino e orchestra. Solista straordinario della serata fu Leonidas Kavakos, e una mia amica che è tra i primi violini uscì dall’esperienza felicemente sconvolta sia dal talento del collega greco che dalla incredibile e feconda complessità della propria parte (qui Kavakos in un breve estratto, però coi Berliner e Rattle):
Infine, ebbi il privilegio di ascoltare forse il miglior “Bartókiano” dell’epoca, ossia Mariss Jansons, in trasferta a Firenze con la BRSO. Eseguirono una memorabile suite da Il mandarino miracoloso, con la stessa energia di questo video delle prove con la Filarmonica di Oslo:
SUCH A SHAME, BUT… Chiudo col rapporto tra Bartók e Toscanini, nati entrambi il 25 marzo, il primo nel 1881 e il secondo quattordici anni prima, nel 1867. Quasi tre lustri, abbastanza – che peccato! – per tenerli separati, infatti Toscanini non ha mai diretto musica di Bartók né i due, entrambi esuli oltreoceano, si sono mai incontrati – benché anni fa, in una fonte che non ritrovo, io abbia letto di un tentativo di incontro newyorkese (forse imbastito da Serge Koussevitsky) che naufragò per il ritardo del taxi di uno dei due. Magari un faccia a faccia sarebbe stato preludio di sinergie memorabili.
In questo thread di appassionat- che sto scorrendo, invece, leggo via via di un Toscanini che non era interessato alla musica di Bartók, con la sua solita modalità tranchant (“If this is music, I leave it to you”); ma anche di un Toscanini che seguiva le prove del suo prediletto Guido Cantelli, lui sì alle prese col Concerto per orchestra.
La mia scoperta di stamane però è altrettanto bella e lega i due su valori che vanno ben al di là della musica: prima dell’esilio di entrambi, Béla Bartók, a capo di una associazione di musicisti ungheresi, espresse formalmente vivo sostegno al Maestro e deplorazione per il famoso episodio “giovinezza” del Maggio 1931. Leggi tutto qui:
Fascists forced paths of Toscanini, Bartok to intersect | TribLIVE.com
Buon “Capodanno bartókiano”, dunque! 💙
Alla prossima branzinatura, che chissà quando sarà (dipende dai miei neuroni). Nel frattempo, se proprio non puoi fare a meno delle mie scritture, accomodati pure nella stanza di là, dove di sicuro esce una poesia ogni venerdì pomeriggio!
Love and sea bass, RRC
Ascoltavo molto "Musica per archi, percussioni e celesta" tempo fa. Bella occasione per riascoltarlo e aggiungere i tuoi consigli