BRANZINATURA 1/2023: ‘na tazzulella ‘e… Galuppi.
Primo numero di un contenitore che… ignora se ce ne sarà un secondo.
Ho pensato a questo nome/hashtag #branzinature (scusandomi ove fosse già stato sfruttato) per aggregare spunti culturali acerbi o “nati troppo stanchi” per diventare veri e propri blog post. Le branzinature vanno in onda sul mio Substack “ortonimo” in modo totalmente irregolare. Praticamente, solo quando mi viene qualche idea. Si direbbero “spigolature” – però dalle mie parti, se chiedi «una spigola», quasi nessuno ti capisce… (questo vorrebbe essere un calembour).
Consueto avvertimento se mi segui via newsletter: se il client di posta “tronca” il messaggio, basta fare click su “view in browser”, in alto a dx.
Naturalmente puoi seguirmi via rss feed, Substack app (scelta raccomandata), o semplicemente affacciandoti sulla webpage.
Buona lettura!
‘NA TAZZULELLA ‘E… GALUPPI!
{titolo d’après Pino, ovviamente}
Pochi giorni fa, questo superbo post del Substack Shades of Blue, di Michael Cirigliano II, mi ha veramente mandato in brodo di giuggiole (e “Shades” è divenuto instantly recommended qui dentro). Musica e poesia insieme: che più cercando io vo? E insieme non soltanto “in simultanea” (cioè sinergiche nel binomio testo+musica di un Lied o una chanson) ma anche “in differita”: cioè, in una sorta di ecfrasi (con tutte le cautele nel maneggiare questo termine) musicale, cui il poeta addiviene in occasione di un ascolto. Rimandandovi per le risorse (audio e versi) all’articolo originale e ai suoi link, il caso è quello del Larghetto dalla sonata n. 34 di Baldassare Galuppi, e allo splendido poema a cui Robert Browning ha dato vita dopo aver ascoltato. Poesia stricto sensu ecfrastica, secondo me, perché “descrive”, evoca “tecnicamente” gli intervalli presenti in partitura, poi associandoli alle elaborazioni immaginifiche, sinestesiche, dell’ascoltatore-poeta.
Baldassare Galuppi (1706-1785) era detto il Buranello per la nascita nell’isola veneziana di Burano. Nacque e morì in Laguna, ma visse e operò anche in giro per l’Europa, a Londra e San Pietroburgo. Fu valido strumentista ma, all’epoca, apprezzato soprattutto per la sua produzione sacra, oratoriale, operistico-teatrale, mercé anche la collaborazione con Carlo Goldoni.
Mi sento di poter dire che oggi invece l’interesse verso Galuppi, si sia – o comunque vada – riequilibrato verso la produzione strumentale. Oltre che dalla bellezza intrinseca dei lavori, tale interesse, a mio avviso, ha ricevuto un cospicuo endorsement dalla famosa interpretazione di Arturo Benedetti Michelangeli della sonata n. 5 in do maggiore. E dal correlativo video, realizzato a Torino nel 1962, nell’ambito di un ciclo di trasmissioni della televisione di stato.
In pratica, Michelangeli ha fatto mediaticamente per Galuppi ciò che Glenn Gould fece per Sweelinck e Gibbons. E alzi la mano chi non conosce il tema d’apertura della sonata in do (usato anche per qualche réclame, mi sembra).
Dopo il gran post di Michael – visto anche che la musica settecentesca fa bene all’umore, cfr. la coda di questo articolo chez The Baroque Bros. – ho iniettato una massiccia dose di Galuppi nella mia giornata, attraverso la playlist. Cercando esecuzioni integrali, mi sono imbattuto in Peter Seivewright, pianista inglese, e nel suo lodevole progetto di registrare tutte (almeno 90, da quanto posso dedurre) le sonate di Galuppi, in trascrizione pianistica. Analogo sforzo sta verosimilmente compiendo Matteo Napoli, salernitano, attualmente – da quanto leggo online – residente e docente in Nuova Zelanda.
Su YouTube, le pagine dei due interpreti ci offrono sette cofanetti Galuppiani. Quattro nella performance di Seivewright, tre in quella di Napoli. More to come, I guess: looking forward to them! Ma c’è già davvero tanto to have all our cares beguiled.
Tramite questi ascolti ho trovato, e sto ancora trovando, autentiche leccornie che non conoscevo, o meno probabilmente erano seppellite chissà dove nella mia benzotesta. Come il primo movimento (Introduzione) della sonata n. 15, che, magari senza eguagliare le vette Bachiane della BWV 903 (qui, con András Schiff), la ricorda abbastanza da vicino e quindi mi appare come una vera e propria fantasia cromatica, con tutto il dolce straniamento che questa forma sa apportare.
A questo punto, l’occhio mi è caduto sulla catalogazione Galuppiana. Lo vedete nel titolo: «Illy n. 15». E «Illy» per (quasi) tutte le altre sonate.
E così sono venuto a conoscenza della figura di Hedda Illy. Organista, cembalista, docente e musicologa. A lei infatti si deve l’indice ragionato, la revisione e la trascrizione di massima parte dei concerti e delle sonate a cembalo di Galuppi (Roma: De Santis, 1969). Altri sforzi di catalogazione son seguiti, per esempio quello - particolarmente approfondito - del Prof. Franco Rossi, docente a Venezia. Ma la persistente adozione del – per parafrasare – “Illy Verzeichnis” testifica l’importanza del lavoro della musicologa Triestina.
Con una piccola ricerca nell’OPAC SBN, osserviamo che analogo compito di revisione e trascrizione è stato compiuto dalla Prof. Illy per altri compositori, quali per es . Bernardo Pasquini e Giovanni Marco Rutini.
C’è però anche una Hedda Illy concertista. Qui la sua vita si intreccia spesso con quella del marito, Ferruccio Vignanelli, figura di spicco, propulsore dello studio e della prassi esecutiva cembalistica lungo il novecento. I Nostri si sposano nel 1955 e i loro figli, Francesco (violoncello) e Barbara (clavicembalo e pianoforte), continuano oggi la vocazione della famiglia per l’esecuzione e l’insegnamento.
Ma, tornando a Hedda e Ferruccio: qui, con Luitger Rieth, sono immersi nel Triplo Concerto di Bach, sotto la direzione nientemeno che di un trentenne Claudio Abbado.
Per chiudere, non posso eludere la domanda che vi state facendo già da qualche minuto, e che all’inizio mi son fatto pure io. Sì: Hedda Illy fa parte della famosa famiglia triestina del caffè, incarnando per così dire il ramo musicale della stessa. Nasce nel 1927 da Ferencz (Francesco) Illy, fondatore della casa, e Vittoria (per tutti, “Doris”), maestra di pianoforte. Hedda è sorella di Ernesto Illy, dunque zia del noto Riccardo, che qui racconta il suo albero genealogico a un sito di cultura Italo-rumena (Ferencz infatti nacque a Timişoara, che allora era in territorio austro-ungarico).
Alla fine dei conti, la mia prima branzinatura – mediante un coacervo di pensieri e la conoscenza con benemerite e benemeriti – consiste in questo: una associazione sinaptica, in me ormai indelebile, che mi porterà a gustarmi la musica per pianoforte di Galuppi assieme a un buon caffè – non importa di quale marca, dato che questo sito non è affiliato a nulla se non al suo modesto scriba; l’importante è che sia ‘na tazzulella preparata ad arte e con la moka. Senz’altro da oggi ho una validissima alternativa di ascolto alla Kaffeekantate di Bach, che mi è sempre tornata un po’ voluminosa! E ho trovato il modo di pensare un po’ a Trieste, luogo dell’anima da cui manco davvero da troppo.
Alla prossima branzinatura, che chissà quando sarà (dipende dai miei neuroni). Nel frattempo, se proprio non potete fare a meno delle mie scritture, potete recarvi nella stanza di là, dove di sicuro esce una poesia ogni venerdì pomeriggio!
Love and sea bass, RRC
Meraviglioso! Pairing musicale con alimentare, un ottimo finale (ma io sono di parte). La Kaffeekantate però io la prenderei con un caffè bavarese, di quelli lunghi e caldi, in cui non ci si sente in imbarazzo a infilarci la panna. Montata, nei giorni di sconforto totale.
Wow, Roberto, è fantastico. Ho imparato così tanto! Nuova tradizione mattutina: Galuppi e il caffè! 💙